Società

Un paradosso tutto Europeo. Il ritardo nell’equiparazione dei titoli di studio Di Francesco Gurrieri

– “La rubrica dei Soci” n.1,

NOTIZIARIO ISFE n.7, 11 ottobre 2021

Il Programma “Erasmus” (European Community Action Scheme for the Mobility of  University Students) fu attivato nel giugno 1987. Un’intuizione felice riconosciuta strumento di apprendimento permanente che, nel 1994, divenne parte integrante dei Programmi “Socrates”. Ad oggi, ha coinvolto milioni di studenti, contribuendo in modo sostanziale a quella integrazione sovranazionale tendente ad una Europa più vicina a quella concepita dai padri fondatori. Così, grazie ad accordi (formalizzati) interfacoltà, lo studente può sostenere esami nella facoltà ospitante e farseli riconoscere nell’Università del proprio Paese. È un apprezzabile passo avanti che, tuttavia, andrebbe maggiormente verificato nei contenuti per il fatto che, talvolta, l’approssimazione nella confidenza con la lingua, spinge ad un più tollerante giudizio sui contenuti.

A supporto di questo impegno si dispone della “Rete Tematica” (European Tematic Network Program – ETNP) che si occupa della cooperazione tra Facoltà e Dipartimenti universitari, con l’obbiettivo del miglioramento comune della conoscenza su un tema; anche se, questa funzione non sempre è semplice, in ragione della dinamica con cui nascono e si modificano i dipartimenti.

Erasmus Italia affidava la propria gestione operativa a tre agenzie (forse troppe e troppo disomogenee): INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), INAPP (Istituto Nazionale  per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), ANG (Agenzia Nazionale per i Giovani). Va però notato che l’accertamento della scheda Erasmus in Internet (strumento di consultazione per gli utenti universitari e non solo), salvo errori ed omissioni, è rimasta aggiornata al 2014!

Problema assai grave e delicato invece, su cui si registra un colpevole ritardo, è quello del “riconoscimento dei titoli accademici”. Com’è possibile, ad esempio, che una laurea in architettura o in ingegneria conseguite al Politecnico di Berlino non sia riconosciuta a Roma, a Milano o a Firenze? Si vuol sottolineare che, ad oggi, il riconoscimento non è automatico a livello europeo e che i sistemi di istruzione restano ancora quelli delle autorità nazionali dei diversi Paesi UE. Per un “certificato di equipollenza” del diploma di laurea, ci sarebbe un Centro  ENIC/NARIC del Paese in cui si desideri ottenerla, ma di fatto, concretamente, il laureato richiedente deve ancora far domanda alla Facoltà di riferimento. E qui si accende il paradosso e comincia un itinerario di sofferenza ed incertezza a cui va posto rimedio al più presto. Si comincia con la domanda (e le spese) di riconoscimento di equipollenza della laurea alla Facoltà, accompagnata dall’elenco e dai contenuti delle discipline del corso della facoltà di provenienza. Poniamo il caso che il neolaureato provenga da una facoltà tecnica di Berlino, c’è da tradurre dal tedesco all’italiano e farsi convalidare il tutto (con altre ingenti spese). La domanda con gli allegati tradotti viene sottoposta ad una commissione ad hoc della facoltà ricevente, che ha libertà di giudizio sulla congruenza (e quindi sull’accettabilità) dei programmi di ogni singolo corso rispetto a quello locale. Può accadere – ed accade – che a seconda della preparazione dei commissari e del loro presidente, quei giudizi diventino discutibili e comunque variabili in funzione della loro cultura, preparazione ed altro ancora; quando non accade – ed accade – che uno o più commissari tendano ad esaltare la propria disciplina, non riconoscendone, per superbia, l’equipollenza con materia analoga (ma svolta diversamente) nella facoltà estera di provenienza. Così che, una laurea tecnica conseguita a Berlino, possa, poniamo proprio a Firenze, non esser riconosciuta per diverse discipline, obbligando il laureato a Berlino a   iscriversi nuovamente a Firenze, al quarto se non addirittura al terzo anno di facoltà! Tutto ciò è assurdo, sia in linea di principio che in quella di diritto. Umiliante per chi ha creduto e continua a credere nella comunità scientifica dell’Unione Europea. Dunque, c’è forse materia per i Rettori (e Rettrici), nonché per il ministro preposto all’Università per rimediare a questa aberrante anomalia.