Economia

La Toscana in mezzo ai flutti Di Alessandro Petretto

Di Alessandro Petretto

Inserto Economia Il Corriere della sera – Maggio 2022

La Toscana, nel corso del 2021, aveva iniziato un cammino di ripresa dopo la recessione del 2020 dovuta alla pandemia da Covid-19. Lo scenario internazionale mostrava elementi positivi e la domanda internazionale per le merci tipiche della regione, così come il turismo, avevano ripreso a crescere vigorosamente. Con il miglioramento del contesto pandemico, a dicembre 2021, si è sostanzialmente chiuso il gap apertosi con la crisi. Rispetto al 2019, la Toscana consegue, secondo stime IRPET, una variazione della produzione industriale di segno positivo (+1,1%), sebbene minore di quella italiana (+3,3%) e di alcune regioni, quali il Veneto (5,6%), l’Emilia-Romagna (3,7%) e la Lombardia (3,5%). Una massiccia spinta alla produzione industriale è arrivata dalle esportazioni che, con una crescita del 9,4% hanno più che recuperato i valori pre-crisi, una performance stavolta nettamente superiore alla media nazionale. Le uniche ombre sulla ripresa erano legate allo crescita inflazionistica, dovuta al rialzo dei costi energetici, alle strozzature nelle supply chain, e assecondata da un eccesso di liquidità per gli interventi di politica monetaria accomodante della BCE e per un profluvio di trasferimenti a famiglie e imprese, di tipo risarcitorio, spesso a pioggia. Dunque un principio di inflazione “da costi” e da “domanda”, inedita ma comunque sotto controllo.

Poi, l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022 ha rimesso tutto in discussione e ha aperto scenari nuovamente inquietanti per l’economia della Toscana. La possibilità di una significativa interruzione della ripresa dipende, in primo luogo, dalla contrazione delle relazioni commerciali import-export con la Russia. In secondo luogo, la ripresa può essere frenata a causa dell’ulteriore accelerazione dei prezzi delle materie prime, in particolare di gas e petrolio, di cui la Russia è grande esportatrice. L’aumento dei prezzi, riflettendosi sui costi per le imprese, contrae la competitività del sistema produttivo quanto più ampia è la dipendenza dalle importazioni russe. E l’Italia lo è in misura considerevole per il gas.

In termini di export, la Toscana è esposta verso la Russia per lo 0,61% del suo PIL, da cui una riduzione potenziale fino a 0,6 punti percentuali. Una parte rilevante di tale esposizione (0,46% del PIL) è diretta e riguarda le vendite estere in Russia da parte delle imprese toscane. Una parte più ridotta (0,14%) è indiretta e dipende dalle esportazioni di beni toscani che le altre regioni italiane e gli altri paesi indirizzano in Russia. L’industria dei macchinari, quella legata alla domanda proveniente dalla Russia, determina un’ampia quota del valore aggiunto del settore (poco meno del 9%). Seguono per dipendenza l’industria estrattiva, la meccanica di precisione, l’industria chimico-farmaceutica e altri comparti dell’industria metal-meccanica. Il comparto della moda, così rilevante in Toscana, è dipendente per l’1,1% dalla domanda russa.

Ma su cosa si può puntare per riprendere a crescere? Quali prospettive potrebbero riportare l’economia toscana sul sentiero intrapreso nel 2021? Anche escludendo i più foschi scenari sulla guerra, la sua durata e la sua estensione, l’import dell’Italia di gas e petrolio russo e l’export di beni intermedi e finali, cesseranno o avverranno con volumi assai ridotti, per cui si avvierà un processo di diversificazione, specie delle fonti di approvvigionamento. In merito, la Toscana può trovarsi in una posizione favorevole in quanto fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico), geotermia, e rigassificazione del gas liquido in prossimità dei nostri porti possono in prospettiva soddisfare il fabbisogno energetico delle imprese e delle famiglie toscane e generare anche esternalità positive per l’intera economia nazionale. Occorre superare, però, le resistenze locali che impediscono a questi settori di decollare, contando anche su un sistema di legittime compensazione da parte dello stato delle esternalità negative che gravano sui territori toscani fornitori di queste risorse.

Le prospettive per l’economia toscana prima dell’invasione russa erano in gran parte fondate sulle aspettative di applicazione del PNRR, al centro del quale vi è il superamento di alcuni dei vincoli strutturali che frenano la crescita della regione da più di venti anni. Alla regione dovrebbero affluire circa 8-10 miliardi di euro per una serie di interventi, finalizzati alle transizioni tecnologica e ambientale, ad alto contenuto diretto e indiretto di PIL e occupazione. Si va dalla costruzione e ristrutturazione di ospedali, allo sviluppo della medicina territoriale con il varo delle Case Comunità, ai sostegni alla digitalizzazione di imprese private e servizi pubblici e all’estensione a tutto il territorio regionale delle reti digitali 5G. Fondi PNRR saranno poi destinati ad un ampio piano regionale di economia circolare, con lo sviluppo del riciclo e dell’impiantistica più moderna, e a progetti metropolitani di rigenerazione urbana e di allargamento della rete tramviaria. Entro gli anni del PNRR dovrebbe finalmente realizzarsi, o almeno avviarsi, la ristrutturazione dimensionale del sistema di imprese, da cui ci si attende un aumento della produttività, stagnante da molti anni. Certo la realizzazione degli interventi dovrà attenersi alle impegnative procedure delineate dai bandi emessi dai ministeri coinvolti, rese più complicate dall’aumento dei costi dei materiali. La pubblica amministrazione regionale e locale è perciò chiamata a una sfida decisiva, superando le incertezze e i ritardi del passato. In definitiva, è proprio su una nuova efficienza della P.A. che dovremmo puntare per riprendere un sentiero virtuoso di crescita potenziale; sarà così?