Ucraina

Lettera aperta sull’aggressione russa all’Ucraina e noi

Non si può non sentire la gravità del momento che viviamo. Non si può per noi (ISFE), che siamo nati con l’idea che l’Europa sia il nostro destino, che ci sentiamo cittadini italiani ma anche cittadini europei. Quel che accade in Ucraina è qualcosa che ci riguarda da vicino, non solo perché gli ucraini si sentono parte dell’Europa, ma perché si difendono da una brutale aggressione e vedono scomparire i presupposti minimi per uno Stato: la libertà e la democrazia.

L’aggressione della Russia all’Ucraina, ogni giorno più violenta e offensiva della civiltà e del senso di umanità, ha unificato nella reazione l’Unione europea e il mondo occidentale, di cui alcuni hanno sempre negato l’esistenza. In Italia si è avuto persino l’allargamento dell’unità nazionale con il voto dell’opposizione a favore delle forti misure del governo Draghi, arrivando ad accettare, come in Germania, la fornitura di armi al legittimo governo di Kiev e al suo coraggioso presidente Zelensky, che guida la resistenza contro l’invasore. La Cina, l’India, il Pakistan ed altri Paesi si sono astenuti sulla mozione dell’ONU per condannare l’invasione, ma ci sono stati ben 141 voti a favore, 5 no e 35 astenuti. L’Occidente è compatto, ma il mondo multipolare non è affatto permeato dagli stessi valori, a partire dalla pace e dal rispetto dell’autodeterminazione delle nazioni. Dovremmo saperlo, così come dovremmo riflettere sui tanti calcoli sbagliati dell’Occidente e dell’Europa dopo la fine della Guerra fredda. Una riflessione urgente anche per le scelte politiche cruciali da prendere sul piano interno della Ue e sul piano internazionale. Oggi, però, il punto inderogabile è quello di fermare un autocrate che vorrebbe riportare indietro la storia.

Siamo ad una svolta storica che richiede senso di responsabilità, ma anche fermezza, pagando i prezzi che ci saranno da pagare non solo con le sanzioni. Il Presidente Vladimir Putin con i suoi apparati tenterà di dividere il fronte occidentale con ogni mezzo, perché la guerra di oggi è anche e più di sempre guerra di comunicazione e di tenuta dei “fronti interni”.

Gli appelli alla pace che nascono dalla paura hanno una seria giustificazione con un personaggio come Putin, che può incarcerare migliaia di oppositori al giorno. E che può agire sulle nostre imprevidenze e sull’assenza in Italia come in Europa di una autonomia energetica e di una forza di sicurezza e di difesa pur nell’ambito della Nato. Così dietro al pacifismo più sincero si possono annidare anche le visioni ostili alla Nato, agli USA e alla Ue. La salvaguardia della pace continentale impone all’Unione europea una svolta culturale e strategica: una politica di difesa e sicurezza collettiva a supporto di una politica estera che non può essere affidata ad altri che a noi stessi. Una esigenza che si intravede nella cornice dello Strategic Compact che si dovrebbe varare al vertice Ue di questo mese. Una espressione di autonomia che comporta investimenti massicci su spazio, energia e semiconduttori, settori indispensabili per le nostre esigenze strategiche.

Tuttavia se si vorrà fermare Putin e le sue pretese imperiali, l’Europa dovrà pensare anche alle  proposte politiche e diplomatiche, alle mediazioni necessarie per impedire di arrivare al punto di non ritorno.

Lettera sottoscritta da:

Zeffiro Ciuffoletti, Elisabetta Catelani, Alessandro Petretto, Luciano Aiazzi, Umberto Baldocchi, Betti Barsantini, Alessandro Belisario, Claudia Bianchini, Giovanni Biondi, Paolo Blasi, Maria Luisa Brandi, Danilo Breschi, Franco Camarlinghi, Michele Cassandro, Gian Luca Corradi, Francesca Ditifeci, Sergio Gatteschi, Mauro Grassi, Francesco Gurrieri, Anna Loretoni, Giovanni Maltinti, Paola Puma, Angelo Rabatti, Gigliola Mariani Sacerdoti, Bruno Spinazzola, Edoardo Tabasso, Leonardo Tirabassi, Claudio Tongiani, Celeste Vichi, Simone Visciola.