Firenze

La guerra del fiorino di Alessandro Petretto

La così detta guerra del Fiorino, cioè la disputa tra il serio e il faceto, tra il direttore degli Uffizi Schmidt e il sindaco Nardella, sull’impiego del gettito della imposta di soggiorno, nasce da una questione cruciale per le città d’arte, cioè su quali soggetti debba ricadere l’onere del finanziamento dei siti artistici. La tesi, abbastanza radicale, del direttore del più grande museo d’Italia è che l’economia fiorentina dipende dall’apertura e chiusura degli Uffizi e che il 90% dell’imposta di soggiorno deriva dai turisti che vengono a Firenze per visitare il museo, per cui questa quota dovrebbe andare al Ministero dei beni culturali per sostenere le entrate degli stessi Uffizi, ma anche di altri musei, e per consentire l’ingresso gratuito per i residenti. La risposta del sindaco è stata che il prezzo di ingresso degli Uffizi è talmente elevato e frutta così tante entrate che in parte queste potrebbero contribuire ai costi diretti e indiretti che i visitatori degli Uffizi infliggono alla città una volta fuori del recinto del museo. Quindi niente imposta di soggiorno, anzi eventualmente una sorta di compartecipazione al gettito del ticket.

Vediamo di inquadrare la questione nei termini dei fondamenti dell’economia pubblica. I visitatori degli Uffizi possono essere suddivisi in tre gruppi: i residenti, contribuenti dello Stato tramite la fiscalità generale, che tra l’altro finanzia il Ministero della cultura, e del comune di Firenze tramite i tributi locali; i turisti italiani non residenti, contribuenti dello Stato ma non del comune, se non per l’imposta di soggiorno quando dovuta (cioè se alloggiati in albergo); i turisti stranieri che non contribuiscono allo Stato né al comune, se non per l’imposta di soggiorno. E’ evidente come questo schema abbia un vuoto nel circuito costi-benefici del turismo per quanto riguarda i non residenti e stranieri che non pagano imposta di soggiorno, cioè spesso gli utilizzatori della città più costosi in quanto giornalieri, “mordi e fuggi”.

Quanto al prezzo per accedere agli Uffizi, ci sono buone ragioni per sostenere che debba essere, per tutti, uguale e in linea con i costi di produzione dei servizi museali. Il visitatore esprime una disponibilità a pagare dovuta all’arricchimento culturale della visita che, al momento dell’accesso, deve essere pari al costo unitario. Naturalmente, si possono prevedere tipologie di visitatori (studenti, ricercatori, anziani) con trattamenti di favore, ma mai esenti perché questo invierebbe un segnale distorto rispetto alle preferenze. L’imposta di soggiorno è un tributo di scopo destinato a coprire i costi sociali della sovra utilizzazione della città da parte dei turisti che non contribuiscono alle entrate fiscali comunali. Non sarebbe quindi logico finisse all’amministrazione degli Uffizi e meno che mai al Ministero della Cultura. Ma come detto non copre una quota dei costi di manutenzione cittadina, imperfettamente sostituita dai ticket per i bus turistici e le multe stesse. Ormai è convinzione comune che sia giunto il momento di affrontare, a tutto tondo, il tema della costosità del turismo per i residenti delle città d’arte, per gli operatori, per i pubblici amministratori, per gli studenti, per chi deve recarvisi per quotidiane ragioni lavorative. Un pass di lieve entità, per chi arriva a Firenze non per queste ragioni o per raggiungere la propria residenza, merita una riflessione e naturalmente tutti gli approfondimenti che la tecnologia suggerisce.

Pubblicato originariamente su “Il Corriere Fiorentino” (24 gennaio 2023).