Ucraina

DOPO BAKHMUT/ Se (solo) adesso gli Usa parlano di congelamento coreano della guerra di Leonardo Tirabassi

Caduta Bakhmut Russia e Ucraina non sembrano avere strategie valide. Per evitare un’escalation bisogna riporre le armi e cercare di riavvicinare l’Europa a Mosca.

Che è successo a Bakhmut? E come sta andando la guerra? “La grande incertezza … in tempo di guerra è di particolare difficoltà perché tutte le azioni devono in una certa misura essere pianificate con una leggera zona d’ombra che … come l’effetto della nebbia o del chiaro di luna dà cose esagerate o dimensioni innaturali”. Quando Clausewitz scrisse queste parole – Della guerra apparve nel 1832 ma fu pensato all’epoca delle guerre napoleoniche – la nebbia, il fumo, tutto quello che ingannava la vita e distorceva le informazioni erano elementi materiali reali, fisici, che inducevano a produrre false ed errate informazioni e valutazioni.

Adesso che l’informazione è un’arma, una quinta dimensione della guerra, la cortina fumogena è diventata ancora più spessa. E districarsi tra il vero e il falso, tra la propaganda russa e quella ucraina, tra quella prodotta dagli esperti di comunicazione di entrambi i campi, tra le migliaia di fonti open dei vari social media è sempre più difficile. Ma la ragione non può rinunciare all’impresa e quindi non ci resta altro che provare.

Primo dato. Bakhmut è caduta dopo 224 giorni di combattimento e, ironia della sorte, mentre Zelensky era al G7: macerie conquistate da un esercito privato contro forze regolari. Non sono a conoscenza di altri eventi di questa natura dopo la seconda guerra mondiale. Quindi è una vittoria della Wagner e del suo discusso capo, il personaggio Evgenij Prigožin. Ed è una sconfitta per l’Ucraina.

Secondo punto. Per che cosa si è combattuto? Russi e ucraini non avevano lo stesso obiettivo. Lo scopo di Zelensky era prettamente politico, tenere davanti alle tv del mondo la resistenza del popolo in armi ucraino, far vedere agli alleati e sponsor che gli ucraini sanno combattere, che possono resistere all’invasore e quindi essere legittimati a batter cassa. Impegno coronato dal successo, come dimostra l’ottenimento degli F16 e la nuova tranche di aiuti americani pari a 375 milioni di dollari in munizioni ed equipaggiamento.

Per la Wagner, gli obiettivi erano molteplici. Uno privato, aumentare la credibilità del gruppo per acquisire clienti, vedi gli Stati africani. Uno politico interno: è chiaro che Prigožin vuole più potere nell’arena a Mosca, anche se forse non contro Putin. Un ultimo, prettamente militare, quello di trasformare Bakhmut, come detto e ridetto con fin troppo realismo, in un tritacarne, cioè usurare le forze ucraine.

Terzo punto. Quanto è vero lo scontro tra Wagner ed esercito russo? Prigožin, che non è uno stratega, ha ringraziato dopo i combattimenti i generali russi Sergei Surovikin e Mikhail Mizintsev che hanno reso possibile la vittoria in una situazione estremante difficile. Surovikin è conosciuto come il generale “Armageddon” ed è stato assegnato dal comando russo alla Wagner dove ha portato la sua esperienza nel combattimento urbano, dopo il successo nella battaglia di Idlib in Siria, quando distrusse la città. Anche Mikhail Mizinstev ha esperienza di guerra in Siria, nell’altra triste battaglia di Aleppo.

In ultimo. Questa carneficina cambia qualcosa da un punto di vista della guerra? Adesso secondo gli osservatori occidentali siamo in attesa della controffensiva ucraina che sta lavorando ai fianchi le forze russe a Bakhmut. Oppure, secondo altre fonti, si potrebbe verificare il contrario: sul successo della Wagner i russi potrebbero continuare l’avanzata. Come si vede, niente è sicuro.

Quello che è chiaro è che non si capisce più il rapporto tra quello che avviene sul terreno e gli obiettivi strategici. Cioè come entrambi i combattenti vogliano, attraverso l’uso delle armi, spezzare la volontà del nemico e imporre i propri obiettivi. Sono quattordici mesi che i due eserciti si stanno massacrando per pochi chilometri in uno scontro di logoramento stile prima guerra.

Fino a pochi giorni fa vi erano tre dati certi. L’esercito russo è relativamente integro, la sua aviazione, le basi logistiche hanno subito scarse perdite e le sue basi in territorio russo non potevano essere attaccate, il rispetto dei confini era stato ribadito da Biden anche al G7. La seconda, la fornitura di aerei da combattimento occidentali, di sistemi d’arma sofisticati, richiede mesi di addestramento e questo significa una visione della guerra prolungata. Adesso però con i fatti di Belgorod, la situazione rischia di degenerare e bisogna vedere se con gli Usa trascinati per i capelli o protagonisti.

Secondo Politico, che riporta fonti americane, gli Stati Uniti stanno pensando che la guerra arrivi ad una situazione di stallo, situazione che può indurre i contendenti a congelare il conflitto sul modello della guerra di Corea. Anche il liberal Charles Kupchan, già consigliere di Obama, intervenendo al Future Leader Policy Forum a Milano proprio in questi giorni, ha sostenuto che è arrivata l’ora di pensare ad un cessate il fuoco adducendo quattro motivi.

Primo, l’Ucraina, con circa 8 milioni di rifugiati fuori dai confini, un quinto della popolazione, e più di 5 milioni di sfollati interni, rischia di diventare uno Stato fallito; in secondo luogo, la guerra in corso rischia continuamente di diventare una guerra mondiale, anche se a parole né la Russia né Washington lo vogliono; in terzo luogo, è una guerra che sta polarizzando il sistema internazionale in due fronti, da una parte gli Stati Uniti e gli alleati, dall’altra Russia e Cina, mentre il mondo ha bisogno di trovare unità e condivisione per affrontare le grandi sfide come la questione climatica e la gestione dell’intelligenza artificiale. In ultimo, le democrazie occidentali sono fragili, in tutto il mondo si sta vedendo una crescente debolezza della politica, e più la guerra continua più il fronte sovranista illiberale, il populismo, avanza. “Non vogliamo certo vedere l’Ucraina vincere la guerra per poi magari il giorno dopo assistere allo sgretolamento interno delle nostre democrazie”.

Per tutti questi motivi sarebbe necessario arrivare ad un cessate il fuoco, magari ricercando come suggerisce il decano della diplomazia mondiale Kissinger un riavvicinamento tra Europa e Russia (Economist, 20 maggio 2023). A meno che non sia troppo tardi, come dimostrano gli attacchi sul suolo russo. Comunque sia la Legione per la libertà della Russia è parte integrante della Legione Internazionale Ucraina che è integrata nell’esercito regolare ucraino. Adesso la questione è solo una: Biden era a conoscenza di quello che stava succedendo? E Washington vuole veramente un’escalation del conflitto?

Pubblicazione originaria su ilSussidiario.net