NOTIZIARIO EU – ISFE n°1

5 Gennaio 2022

Draghi-Macron: rivedere le regole del Patto di Stabilità

Prima di Natale, esattamente il 24 dicembre (2021), i maggiori giornali, a cominciare dal “Financial Times”, hanno pubblicato una lettera del Presidente francese Emmanuel Macron e del Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi in cui si afferma l’esigenza per l’Unione europea di superare le regole del Patto di stabilità per agevolare la ripresa economica.

«Dobbiamo affrontare le grandi sfide di lungo termine che abbiamo davanti» hanno scritto i due leader. «La crisi climatica e della biodiversità stanno peggiorando. Le tensioni geopolitiche e militari sono in aumento. La tecnologia è sempre più centrale per il nostro benessere, ma allo stesso tempo acuisce le diseguaglianze esistenti e crea nuove divisioni. I cambiamenti demografici stanno mutando profondamente la struttura delle nostre società. Su tutte queste tematiche, la Ue deve agire con rapidità e coraggio». I due leader europei hanno continuato dichiarando che occorre accelerare il programma di riforme con investimenti su larga scala «nella ricerca, nelle infrastrutture, nella digitalizzazione e nella difesa. Abbiamo bisogno di una strategia di crescita dell’Ue per il prossimo decennio, e dobbiamo essere pronti ad attuarla attraverso investimenti comuni, regole più adatte e un miglior coordinamento, non solo durante la crisi». Una affermazione assai impegnativa che si rivolge ai paesi, compresa la Germania, che vorrebbero conservare le regole del Patto di stabilità. In verità persino l’Olanda si è pronunciata per una applicazione più flessibile del Patto di stabilità, che ormai andrà rivisto. Con l’idea, espressa dai due leader, che il debito per finanziare gli investimenti volti alla crescita di lungo termine dovrà essere sostenuto da regole di bilancio adeguate. In modo che «questo tipo di spesa pubblica contribuisca alla sostenibilità di lungo termine del debito».

Infine una affermazione molto impegnativa, specialmente per Macron, che dovrà affrontare un delicato passaggio elettorale: «L’imminente Presidenza del Consiglio della Ue – si legge – avrà come obbiettivo lo sviluppo di una strategia condivisa e completa per il futuro dell’Unione».

Euronews cambia “padrone”

La Commissione Ue ha sempre sostenuto la TV che trasmette in tutto il continente nelle principali lingue europee. Le televisioni, però, costano e così un nuovo fondo di investimento, il portoghese Alpac Capital, ha raggiunto un accordo per acquistare dall’imprenditore egiziano Naguib Sawiris l’80% di Euronews. Siccome al gruppo portoghese è legato anche il premier ungherese Viktor Orbán, la stampa ha commentato questo evento in maniera non oggettiva, senza far capire ai lettori le ragioni dell’ingresso del nuovo investitore e le caratteristiche dei programmi produttivi del media europeo. Ne vorremmo sapere di più e non tanto su Orbán, ma sui costi e sull’efficacia dei programmi di Euronews. In questo caso, come in altri, avremmo bisogno di più informazioni concrete e meno tendenziosità politica.

Il nostro “Notiziario” è una piccola cosa, che costa poche centinaia di Euro. Se avessimo solo le briciole di questi giganteschi investimenti, potremmo migliorare il nostro bollettino. Piccolo, ma onesto e ricco di notizie utili per capire la Ue ed essere cittadini europei consapevoli.

Europa senza gas. In arrivo navi con gas americano

 La fragilità energetica dell’Unione europea è ormai evidente e sarebbe saggio prendere atto che le scelte europee in materia energetica non sono state né ben calcolate, né prudenti. Puntare sulle rinnovabili è giusto, ma non calcolare le conseguenze è colpevole e grave dal punto di vista politico e strategico. La Germania, poi, mentre blocca il gasdotto Nord Stream 2, ormai terminato, ed irrita Putin che detiene i rubinetti del gas, chiude due centrali atomiche, ma è costretta a riaprire alcune centrali a carbone, dimostra che la svolta energetica ha conseguenze incalcolabili sul piano economico e strategico. Secondo le rivelazioni di Nomisma Energia i prezzi dell’energia volano e segnano, almeno in Italia, un +52%. Il prezzo all’ingrosso del metano è in continua crescita. La situazione potrebbe aggravarsi anche dal punto di vista della insufficienza energetica della Ue. Così sono in partenza dagli USA decine di navi cariche di gas per rifornire i terminali europei.

Il paradosso sta nel fatto che la Ue produce sempre meno gas, ma continua a consumarne di più, anche per sostituire la produzione di energia dal carbone e quella prodotta dalle centrali nucleari. Così la Ue dipende sempre più dai rifornimenti dall’estero e, in primis, dalla Russia. Ed ora, addirittura, dagli Usa, ma a prezzi sempre più salati.

Il differenziale dei costi energetici e la difficoltà di attuare la svolta energetica rischiano di penalizzare l’intera economia della Ue, Germania compresa. In più i consumatori europei, colpiti dai costi crescenti, fino a che punto accetteranno le motivazioni di svolte ecologiche assai più difficili e costose rispetto alla retorica ambientalista?

La Commissione Ue apre a gas e centrali nucleari

Inizia la consultazione degli Stati membri per ammettere le nuove centrali nucleari e i gas naturali nella tassonomia europea. Entro il 12 gennaio i vari paesi si dovranno esprimere sulla proposta. La Germania con i verdi nel governo è contraria, così l’Austria, ma la Francia più altri paesi come la Croazia, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, la Finlandia, l’Ungheria, la Polonia, la Romania, la Slovenia, l’Estonia, l’Olanda, il Belgio e la Svezia sono favorevoli.

In Italia la Lega è favorevole e pare intenzionata a proporre un referendum. I 5 Stelle parlano di ricette vecchie, ma non hanno alternative, visto che le fonti rinnovabili coprono solo il 10% del fabbisogno energetico italiano. Inoltre già utilizziamo per il 17% del fabbisogno energetico il nucleare importato dalla Francia.

Il testo della Commissione, se verrà approvato, dovrà passare dal Consiglio, dove occorrerà una maggioranza qualificata. Mentre il Parlamento potrà esprimersi a maggioranza semplice per il sì o per il no.

Questi passaggi dimostrano chiaramente che le istituzioni europee necessitano di una ripartizione più chiara e netta delle competenze spettanti alle varie istituzioni.

I 20 anni di Euro

L’Euro entrò in vigore nel gennaio del 2002. Oggi è adottato in 19 paesi abitati da 340 milioni di cittadini europei. La Banca Centrale Europea è la custode dell’Euro.

L’Unione europea ha compreso, come lo comprese Draghi quando era ai vertici della BCE, che per affrontare le crisi globali l’Euro doveva essere usato con effetti positivi per l’economia. La Ue ha messo in campo il programma SURE contro la disoccupazione e poi ha sospeso il Patto di stabilità per rispondere alla pandemia e ai suoi effetti economici e sociali. Poi è arrivato il Next Generation Eu, il maxi piano di aiuti da 806,9 miliardi. La BCE, nel marzo del 2020, ha lanciato il PEPP, il programma di acquisto dei debiti pubblici generati per l’emergenza pandemica, un piano da 1.850 miliardi.

Il bilancio dell’Euro non può essere che positivo, ma anche un europeista convinto come Claudio Magris ha dichiarato che l’Unione avrebbe bisogno di una «Costituzione», dentro la quale la BCE potrebbe trovare uno specifico ruolo per salvaguardare i paesi aderenti o gli interessi di un gigante economico come la Ue.