Notiziario Eu – ISFE n.6/2023

17 giugno 2023

La Comunità politica europea si è riunita in Moldavia il 1° giugno

Si è trattato di una riunione di ben 45 capi di governo di paesi europei, molti dei quali aspirano ad entrare subito nella Ue. Fra questi, appunto, la Moldavia, la Georgia, i sei paesi dei Balcani occidentali, Macedonia del Nord, Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia e il vulcano del Kosovo.

Sono tutti paesi che da tempo bussano per entrare nell’Unione e ora, con un Putin imperiale e aggressivo, ancor di più. Già oggi questi paesi godono del vantaggio di accordi commerciali con la Ue, ma il loro assetto politico non sembra soddisfare gli standard politico-istituzionali dell’Unione. Quel che si teme, anche pensando alle elezioni europee del futuro prossimo, sarebbe uno spostamento dell’asse politico europeo in chiave illiberale. Non è interesse dell’Europa e dell’Unione non assecondare questa spinta, resa ancor più urgente dalla situazione che si è venuta a creare nel mondo con un processo di globalizzazione che produce conflittualità più che integrazione e cooperazione.

Il Presidente francese Macron ha proposto una sorta di confederazione esterna alla Ue. Paesi che si sentono più protetti dalla Ue anche per gestire problematiche cruciali come le politiche energetiche, le infrastrutture, la cybersecurity, i flussi migratori. Persino per favorire soluzioni negoziate a conflitti locali come quello tra la Serbia e il Kosovo oppure l’Armenia e l’Azerbaigian. Bisognerebbe, secondo altri, potenziare il Consiglio d’Europa, una organizzazione internazionale con sede a Strasburgo, che aggrega già oggi gli stessi 46 Stati.

L’Europa fatta a cerchi non è una novità. Si tratterà di vedere cosa accadrà alle elezioni europee del 2024. Tuttavia, sarebbe bene parlarne anche perché il ruolo dell’Italia potrebbe essere molto importante. Per tutti i leader europei servirà lo sguardo lungo.

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Vertice a Tunisi con von der Leyen, Meloni e Rutte

La politica della Presidente Meloni per il Mediterraneo e l’Africa indica all’Europa la strada per tutelare gli interessi degli europei e quelli dei paesi che si affacciano su quello che è il confine europeo del Sud. Fra i temi dell’incontro figurano gli aiuti del Fondo monetario alla Tunisia e la questione migratoria. Temi connessi e che riguardano non solo la Tunisia. La crisi economica colpisce molti paesi africani, ancor più dei mutamenti climatici, e, come è facile capire, alimenta la crisi sociale e quindi i flussi migratori.

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L’accordo europeo sui migranti: un passo avanti che il Parlamento europeo dovrà ratificare

I contrari ad un accordo ragionevole sulla cruciale questione migratoria che sconvolge gli assetti politici europei si trovano a destra come a sinistra. A destra c’è chi non vuole abbassare la guardia come Ungheria e Polonia, ma a sinistra i verdi e le altre formazioni radicali sollevano critiche sull’accorciamento dei tempi per le procedure di rimpatrio e soprattutto sulla possibilità di poter rinviare i migranti non solo nel loro paese d’origine, ma nei paesi di transito considerati sicuri. L’accordo dovrà essere approvato anche dal Parlamento europeo.

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Attenti alle svolte: le auto elettriche ferme anche in Germania

Le auto elettriche dovrebbero sostituire quelle tradizionali. Sul mercato tedesco, quello più ricco, in aprile sono state immatricolate 1,1 milione di macchine a combustione, ma solo 51.00 veicoli elettrici. Forse occorre riflettere.

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La Germania e il problema energetico

In Germania, così come in Italia, l’uso delle rinnovabili sta crescendo e oggi ha superato il carbone. Tuttavia, ancora oggi il carbone, il gas e l’energia nucleare rappresentano in Germania il 51% della produzione dell’elettricità.

Le fonti di energia rinnovabile, come l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e il biogas hanno raggiunto il 48,5%.

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Draghi al MIT: un inno all’Europa

Mario Draghi è tornato al MIT (Massachusetts Institute of Technology), dove aveva studiato, per ricevere il Premio Miriam Pozen. Nell’occasione ha detto cose molto importanti sulla situazione dell’economia oggi.

La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione hanno determinato un “cambio di paradigma” con conseguenze durature sul tasso di crescita più basso del previsto.

La globalizzazione, ha detto Draghi, è in crisi. Il mondo occidentale ha sottovalutato l’importanza dei fattori politici. I segnali che arrivavano dalla Russia di Putin erano chiari prima con la Cecenia, poi con la Georgia e la Crimea. Putin vuole restaurare il passato imperiale della Russia. Per questo, secondo Draghi, non c’è alternativa per gli Stati Uniti e per l’Europa e i suoi alleati: bisogna fare di tutto perché “l’Ucraina vinca”.

Nonostante tutto, compresa l’inflazione che perdura, l’Unione europea non deve “indebolire la protezione sociale che rende unica la Ue”.