Notiziario Eu-ISFE n.5/2024

29 aprile 2024

Si tratta di un caso eccezionale e di due proposte che non andrebbero lasciate passare senza risposte adeguate. Sono proposte serie e importanti su cui si dovrebbero confrontare le diverse parti politiche in competizione per le elezioni europee. Enrico Letta su incarico del Consiglio europeo ha presentato il suo piano per la riforma del Mercato unico, che fu istituito da Jacques Delors nel 1993. Allora si affermarono i principi della libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. Purtroppo, restano fuori tre settori strategici come la finanza, l’energia e le telecomunicazioni.

Oggi la mancanza di un Mercato unico di capitali rischia di tagliare fuori le banche europee dai giochi della grande finanza internazionale, cioè dagli investimenti necessari per sostenere i grandi piani relativi alla transizione energetica e digitale. Non abbiamo nella Ue né l’Unione bancaria né una Borsa europea. In più la perdita del gas russo, la guerra, ma anche la concorrenza americana: il re europeo è nudo. Come è noto gli USA producono e vendono energia. Il piano di riforme di Letta a tutto questo vuol porre rimedio. Il saldo zero nelle emissioni previsto dal Green Deal non verrà per miracolo. Così come gli altri piani.

Infine, ma non infine, si parla del problema della difesa che non può più essere delegato solo alla NATO e agli Stati Uniti. Il bilancio della Ue nella difesa è un terzo di quello degli Stati Uniti. L’Agenzia europea di difesa (Eda) dovrà coordinare gli investimenti in un settore che tutti ritengono ormai essenziale per garantire la sicurezza. Si pensi poi ai sistemi di armamenti: ben 17 modelli di carri armati, vari modelli di aerei di caccia e di missili.

Per l’economia negli indici di competitività solo Danimarca, Olanda e Irlanda figurano fra i primi dieci, mentre i grandi e fondatori Germania, Francia e Italia si collocano nelle posizioni peggiori. Mario Draghi, ex Presidente della BCE ed ex Primo ministro italiano, ha presentato un piano organico e molto incisivo sul tema della competitività.

Sia il rapporto di Letta sul Mercato unico europeo, sia i suggerimenti di Mario Draghi su come rilanciare l’economia della Ue per renderla competitiva rispetto a quelle più forti a partire dagli USA e Cina, consigliano di intervenire in modo robusto sulle economie di scala offerte dalle interconnessioni fra innovazioni digitali, reti infrastrutturali e transizione verde. Per questo occorrono risorse finanziarie ingenti, ma anche una politica industriale comunitaria sia in campo tecnologico che per garantire la sicurezza sul piano geopolitico.

Se poi si suggerisce di rafforzare anche la coesione sociale, bisognerà che dopo le elezioni tutte le istituzioni europee si diano da fare e prima di tutto coordinino i loro lavori.

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La plenaria del Parlamento europeo ha approvato la riforma del Patto di Stabilità a larga maggioranza. L’Italia, che a dicembre votò a favore, ha visto tutti i suoi deputati astenuti o contrari, tranne poche eccezioni. Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Pd si sono astenuti. A votare contro sono stati il M5S e i Verdi. Come nel caso del voto sul nuovo Patto per la migrazione e l’asilo. Il gruppo socialista europeo ha approvato il Patto di Stabilità, che porta la firma del commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis del Partito popolare europeo.
Gentiloni ha dichiarato che il risultato di un lungo lavoro ha portato ad un testo che “non è perfetto”, ma che è pur sempre un “buon compromesso”. Il compromesso riguarda il fatto che “i paesi frugali” del Nord e la Germania hanno forzato il testo su posizioni restrittive. Si può dire che molto hanno pesato le preoccupazioni elettorali nazionali. Con amara ironia il commissario Gentiloni ha dichiarato: “Con il voto sul Patto abbiamo unito la politica italiana”. Fratelli d’Italia ha finito per astenersi tenendo conto della contrarietà della Lega. Mentre il Pd paga un tributo ai 5Stelle. Il ministro Giorgetti, che si era espresso favorevolmente, si è dovuto allineare, ma non ha potuto tacere che i partiti che hanno sostenuto i bonus che sono costati 219 miliardi non potranno ignorare le esigenze della disciplina di bilancio.