Notiziario Eu-ISFE n.4/2023

20 aprile 2023

Lo Stato dell’Unione

Si doveva riflettere sul futuro della Ue, poi la pandemia ricorrente, la guerra e la gravissima inflazione hanno costretto le istituzioni europee e la politica ad agire per fronteggiare i gravi problemi del presente. Tuttavia sarà bene avviare una discussione sullo Stato dell’Unione. Se non altro per arrivare alle elezioni europee dell’anno prossimo con un’agenda realistica dei problemi dell’Unione.

In primo luogo bisogna riconoscere la natura istituzionale assai complessa dell’Unione europea, che, ad oggi, non si configura né come una federazione compiuta, né come una confederazione. Di quest’ultimo ha conservato, peraltro, il diritto di veto che è un’indubbia prerogativa del modello confederale classico.

Andiamo al punto: il Parlamento europeo, eletto direttamente dal 1979, è al centro di uno scandalo che ne ha menomato la già debole reputazione. Si occupa di tutto e di troppo ed è assediato dalle lobby e dalle ONG.

Formalmente il Parlamento europeo ha il potere di codecisione legislativa ordinaria con regolamenti e direttive che richiedono un’approvazione congiunta da parte del Consiglio europeo.

Il Parlamento nomina il presidente della Commissione e i singoli Commissari. Può anche votare la censura contro l’intera Commissione. Discute e approva il bilancio annuale e quello pluriennale dell’Unione. Ha il potere di proporre emendamenti ai trattati e di assumere risoluzioni non vincolanti su tutte le materie di competenze dell’Unione.

Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo si riunisce più volte all’anno sotto la guida di un presidente eletto a maggioranza qualificata dal Consiglio stesso. Il mandato del presidente dura due anni e mezzo e si può rinnovare una sola volta. Nel 2011 il Consiglio approvò il Fiscal Compact e le misure per far fronte alla crisi finanziaria, così come iniziò l’iter per l’unione bancaria che ancora è in corso.

Il Consiglio dei ministri è composto dai ministri competenti dei singoli paesi dell’Unione. La presidenza si rinnova con frequenza semestrale a rotazione tra tutti i paesi aderenti. Il Consiglio esercita non solo potere di decisione, ma anche e soprattutto poteri legislativi sulle questioni di competenza dell’Unione. Di norma in codecisione con il Parlamento europeo, ma anche nelle importanti materie in cui ciò è previsto dai Trattati (fiscalità, difesa, politica estera, armonizzazione legislativa), ma con decisione unanime dei ministri e senza alcun potere di codecisione del Parlamento.

Veniamo ora a quello che viene considerato il governo europeo e cioè la Commissione. Dalla Commissione, composta dai singoli commissari, dipende la struttura amministrativa dell’Unione, che si articola in 31 direzioni generali, ognuna delle quali opera per settori di competenza, dal bilancio all’economia e finanza, dalla concorrenza all’agricoltura, dal commercio alla politica sociale.

Nonostante ciò la Commissione non ha tutti i poteri di un esecutivo, trovando dei bilanciamenti nel Consiglio europeo e nel Consiglio dei ministri. La Commissione in base ai Trattati esercita l’iniziativa legislativa. Inoltre controlla e sanziona i comportamenti degli Stati membri, ma anche di soggetti pubblici e privati, che derogano rispetto alle normative comunitarie o ai Trattati.

L’organo europeo in crescita è la Corte di Giustizia. La sede è a Lussemburgo ed è composta da giudici e avvocati generali, ognuno proveniente dai paesi dell’Unione. Dal 1988 esiste anche una Corte di primo grado (Tribunale dell’Unione europea). Il compito fondamentale della Corte è quello di decidere se un provvedimento legislativo o di governo dell’Unione sia o meno conforme alle norme dei Trattati. Su istanza della Commissione la Corte può accertare o meno le violazioni degli Stati membri e le può condannare al pagamento di sanzioni pecuniarie.

Il grande pilastro dell’Unione è rappresentato dalla Banca Centrale Europea. È stata istituita per gestire la politica monetaria dell’Unione in seguito all’adozione della moneta unica, decisa con il Trattato di Maastricht del 1992. La BCE è entrata in funzione il 1° gennaio 1999 con lo scopo di assicurare la stabilità dei prezzi fra i paesi che hanno adottato l’Euro (oggi una ventina). Il Consiglio direttivo della BCE è composto da un presidente che resta in carica per otto anni, un vicepresidente e altri quattro componenti nominati dal Consiglio europeo. Essi formano il Comitato esecutivo della BCE insieme con i governatori delle Banche centrali aderenti all’unione monetaria. Il Consiglio della BCE decide a maggioranza qualificata. Il ruolo della BCE, sotto la guida di Mario Draghi, ha potuto fronteggiare con efficacia la crisi dell’Euro dopo quella finanziaria del 2008.

Per ora ci fermiamo qui ma, come avrete tutti compreso, l’intelaiatura istituzionale della Ue, priva di una effettiva cornice costituzionale, è molto complessa e delicata. Per cui lascia inevitabilmente molto spazio alle burocrazie  che devono lavorare di cesello dietro le quinte. Per questo i cittadini europei rischiano di non capire e di non poter partecipare consapevolmente e attivamente alla vita democratica dell’Unione. Per questo l’ISFE è impegnata a diffondere la maggiore consapevolezza possibile sulla vita e sull’importanza delle istituzioni europee.

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La politica agricola europea

Per chi voglia approfondire il tema della politica agricola europea consigliamo di leggere il volume di Franco Sotte, La politica agricola europea. Storia e analisi, edito da Firenze University Press.

Sotte ricostruisce puntualmente il percorso della PAC e il grande successo inziale, nonché le difficoltà successive, dovute anche all’allargamento veloce degli Stati aderenti alla Ue dopo la caduta del Muro di Berlino.

Oggi il tema della politica agricola europea è diventato di grande importanza in relazione ai paesi europei e alle necessità indotte dalla guerra in Ucraina.

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La via della diplomazia per la guerra in Ucraina passa per Pechino

Il presidente francese Emmanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si sono incontrati a Pechino con il governo cinese per verificare la possibilità di una via di soluzione diplomatica della guerra in Ucraina.

Nello stesso tempo Putin, ricevendo le credenziali dei 17 ambasciatori stranieri a Mosca, ha dichiarato che tutto (la guerra) è cominciato nel 2014 con il “colpo di stato” a Kiev. Putin ha fatto capire di essere pronto a tutto per difendere la Crimea, annessa unilateralmente alla Russia nel 2014.

Come si può capire la via della pace è tutta in salita, ma ogni sforzo per raggiungere una tregua è meritorio.

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Lo scivolone di Macron

In una intervista di ritorno dalla Cina, il presidente Macron ha sostenuto che “l’Europa deve ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti ed evitare di farsi trascinare in uno scontro tra Cina e USA sulla questione di Taiwan”.

Sembrerebbe che i leader europei, grandi e piccoli, vadano in Cina per fare i loro affari e non per fare quelli dell’Europa. Come Macron, lo stesso fece anche Olaf Scholz e anche il presidente spagnolo. Invece Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, volata anche lei in Cina con Macron, è stata trattata dai cinesi come parte minore pur avendo lei la competenza esclusiva sulla politica commerciale europea.

Macron parla come De Gaulle, ma non si può trattare con la Cina come una potenza qualsiasi, mentre si tratta di una potenza a partito unico (comunista) e per nulla democratica.

Se la Cina minaccia la piccola Taiwan, così come Putin può permettersi di aggredire con le armi l’Ucraina, l’Unione europea non può fare due parti in commedia. E nemmeno Macron. La Ue ha interesse ad avere una maggiore autonomia nella difesa, ma nel gioco geopolitico globale la Ue non può tenere testa alla Cina da sola, senza un coordinamento con gli USA. Tantomeno possono tener testa alla Cina i singoli Stati.

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Una certa idea d’Europa

Angelo Panebianco intitola così il fondo nel “Corriere della Sera” del 18 aprile 2023. Panebianco sostiene l’idea, bella ma quasi impossibile, che dopo le elezioni europee del 2024 si formi una “grande coalizione” in grado di emarginare le componenti “massimaliste” di sinistra e di destra.

Secondo Panebianco l’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato il mondo. Viviamo in tempi eccezionali con minacce gravi che incombono “sull’insieme dei cittadini europei”. Solo un governo di grande coalizione potrebbe affrontare il tema della sicurezza europea, mantenendo intatti i legami atlantici. Anzi recuperando anche la Gran Bretagna.

La “grande coalizione” potrebbe anche correggere l’eccesso di dirigismo che caratterizza le istituzioni europee. Persino sul tema scottante delle migrazioni si potrebbe trovare un accordo per una gestione realistica dei flussi in grado di neutralizzare le pulsioni xenofobe e quelle “evangelico-terzomondiste”. Come le chiama Panebianco.  A volte la democrazia liberale per affrontare situazioni di crisi può aver bisogno di “grandi coalizioni”, come si è visto in Germania e in Italia.