Notiziario Eu-ISFE n.3/2023

11 marzo 2023

Dialogo tra Ue e Regno Unito. Accordo sull’Irlanda del Nord

Le buone notizie non abbondano di questi tempi. Per questo abbiamo voluto aprire il “Notiziario” ISFE del mese di marzo con una notizia che potrà ricostruire un rapporto positivo fra Regno Unito ed Unione europea.

La questione non è semplice da spiegare, anche perché la instabilità e fragilità dei governi inglesi o meglio del partito conservatore non sembrano destinate a finire. Boris Johnson, che aveva firmato il protocollo di intesa nel 2020 per poi “sabotarlo”, già spara sul nuovo accordo.

I duri e puri della Brexit vogliono un rapporto conflittuale con Bruxelles e non accetteranno facilmente l’accordo raggiunto dal pragmatico premier britannico Rishi Sunak con la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. L’intesa, definita “l’accordo quadro di Windsor”, modifica sostanzialmente il testo del protocollo siglato nel 2020. I punti fondamentali dell’accordo sono tre:

1) Non ci saranno controlli doganali e ostacoli burocratici per le merci provenienti dalla Gran Bretagna e destinate all’Irlanda del Nord. Le merci dirette verso la Repubblica d’Irlanda, che fa parte della Ue, transiteranno in una corsia speciale per garantire l’integrità del mercato unico europeo.

2)Il secondo punto riguarda la libera circolazione dei farmaci una volta approvati dall’ente regolatore britannico. Si tratta di un punto delicato perché creava una disparità di regolazione del mercato dei farmaci fra l’Irlanda del Nord e le altre tre nazioni del Regno Unito e cioè Inghilterra, Scozia e Galles.

3)Il terzo punto riguarda il rispetto della sovranità dell’Irlanda del Nord ed offre garanzie al partito unionista protestante, onde evitare il riaccendersi di tensioni che hanno avuto risvolti tragici nella storia tormentata dell’Irlanda del Nord.

Una conseguenza positiva dell’accordo è rappresentata dallo sblocco della collaborazione sulla ricerca scientifica, permettendo la partecipazione della Gran Bretagna al programma Horizon dal quale era stata esclusa. Il programma Horizon è molto ambito per i contributi che dà alla ricerca. Naturalmente l’accordo dovrà essere approvato dal Parlamento di Westminster. Londra e Bruxelles vorrebbero chiudere l’accordo prima del 10 aprile, data del 25° anniversario della pace in Irlanda del Nord dopo decenni di violenze e di scontri.

Almeno sul fronte occidentale dell’Unione europea potremmo dire che regna la pace. Forse l’accordo di Windsor non sarebbe stato possibile senza la guerra in Ucraina che ha rafforzato l’alleanza dei paesi della NATO e più che altro ha dimostrato che la politica di collaborazione è utile alla sicurezza dell’Europa.   

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La guerra in Ucraina e il nuovo disordine mondiale

La Ue deve cambiare e dare priorità al tema della sicurezza in un mondo multiconflittuale. Sergio Fabbrini ha pubblicato un ottimo editoriale su “Il Sole 24 ore” di domenica 26 febbraio. «Sappiamo – scrive Fabbrini – che l’ordine mondiale del dopo Guerra fredda è finito. Siamo entrati in una terra incognita, in particolare per l’Europa».

Coloro che seguono il nostro “Notiziario” sanno che quello della sicurezza per noi è argomento centrale. Anzi è il tema che giustifica anche la nostra esistenza come Istituzione di studi e ricerche.

«La Russia e l’Ucraina – scrive Fabbrini – hanno i mezzi per non perdere, non hanno quelli per vincere». L’esigenza di fermare la guerra è sempre più forte, ma nessuno sa da dove cominciare, tranne elevare appelli e fare manifestazioni. «L’Europa – dice Fabbrini – si è dimostrata unita nella “reazione” in difesa dell’Ucraina e della sua sovranità democratica». Tuttavia non riesce a trovare una via di uscita e si divide sulla prospettiva. Il potere di veto paralizza il Consiglio europeo dei capi di governo; il Parlamento europeo è escluso dalle politiche di sicurezza; l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza è privo anche lui di un potere effettivo.

Il cosiddetto blocco di Bucarest, cioè Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, che si è riunito senza l’Ungheria, non ha risorse economiche e militari per esercitare un ruolo egemone nella Ue, ma nemmeno l’asse franco-tedesco, che ha le risorse, ma non è unito sul futuro, né prossimo né lontano. Sanno tutti che Putin o non Putin la Russia è grande e grossa di uomini e di atomiche. Per la Ue è urgente, invece, un “governo” sovra-nazionale per garantire le politiche di sicurezza. Per tutte le nazioni aderenti e nell’interesse di tutti.

Questo è, come sappiamo, il problema. Da qui il peso della NATO e degli Stati Uniti. Un peso, però, che non si può esercitare solo nel quadrante europeo e nell’interesse europeo. Gli Stati Uniti devono guardare alla Cina e all’Asia. Forse anche l’Unione europea dovrà farlo. 

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Elezioni europee del 2024 e poltrone in bilico

Mancano ancora quindici mesi alle elezioni europee del 2024, ma la guerra in Ucraina e gli scandali rischiano di far saltare molte poltrone. I partiti moderati saranno favoriti per aver consentito all’Unione europea di reagire alla pandemia di Covid-19 e a mantenere l’unità dell’Unione davanti alla guerra o saranno penalizzati dalle forze più estremiste a destra e a sinistra.

Certo gli scandali hanno colpito la sinistra, ma quel che è accaduto non gratifica il Parlamento europeo, assediato da troppe ONG e da troppe lobby.

Così lo European Council on Foreign Relations per bocca della sua direttrice Susi Dennison ritiene che la guerra in Ucraina e l’aumento delle preoccupazioni economiche e politiche potranno rafforzare i partiti moderati a cominciare dal Partito popolare europeo.

In un quadro politico così complesso le vicende del PD in Italia potrebbero avere un certo peso. Specialmente se il PD a trazione Elly Schlein dovesse modificare la posizione di questo partito sugli aiuti anche militari all’Ucraina.

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Transizione graduale per i motori termici

Il voto del Consiglio europeo sul testo legislativo, già approvato dal Parlamento europeo a metà febbraio, relativo al divieto dal 2035 in poi di produrre auto a motori termici, è stato rinviato. Si è evitata così una bocciatura, tenuto conto di uno schieramento contrario che va dall’Italia alla Polonia e dalla Bulgaria sino, forse, alla Germania. La questione è molto seria specialmente per l’Italia e la presidente del Consiglio Meloni ha detto che il rinvio è una vittoria italiana. In effetti se si fosse votato subito il testo sarebbe stato bocciato.

Si tenga presente che la pressione delle lobby dell’elettrico sul Parlamento europeo è stata fortissima e il Parlamento è sembrato troppo esposto a queste pressioni, senza riflettere sulle conseguenze e sui tempi.

Lo stop era fortemente voluto dal ministro Giorgetti, calcolando che il settore auto in Italia conta un milione e duecentomila addetti. Anche il ministro Cingolani con il precedente governo Draghi non aveva dato la sua adesione al testo. Secondo l’associazione che raggruppa le case automobilistiche tedesche si dovrà tener conto degli sviluppi della ricerca sui “carburanti sintetici”. Come dire che non bisogna mai ipotecare il futuro con decisioni che potrebbero risultare intempestive o meglio affrettate.

Le lobby non sempre sono buone consigliere e il Parlamento europeo non pare immune da influenze maldestre.

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La Commissione europea e l’ICI sugli immobili della Chiesa

I governi italiani, sinora, non hanno applicato né alla Chiesa né al terzo settore la sentenza della Corte di giustizia europea che nel 2018 aveva respinto l’ipotesi di sanatorie. Così la Commissione europea chiede all’Italia di recuperare l’ICI non pagata dalla Chiesa cattolica e dal terzo settore dal 2006 al 2011.

Si tenta di trovare un compromesso. Come sappiamo su questo terreno i compromessi non sono facili, anzi sarebbero molto dolorosi perché il piatto piange. La questione è delicata ma l’opinione pubblica europea ed italiana,  nella crisi in cui ci troviamo, non sarà indulgente.

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Attenzione alla BEI, la Banca Europea per Investimenti

Bisognerà guardare con attenzione a cosa accadrà nella BEI che è il braccio finanziario delle istituzioni comunitarie e che ha, da poco, erogato 15 miliardi di contributi aggiuntivi al piano REPowerEU, passando da 30 a 45 miliardi.

Già questo è il primo motivo di interesse. Il secondo è che l’Italia, che con la Germania e la Francia fa parte dei primi tre soci forti della BEI, potrebbe avanzare una propria candidatura per la presidenza, visto che l’attuale presidente Werner Hoyer a fine anno vedrà scadere il suo mandato.

Il governo italiano si dovrà muovere con abilità e con nomi di rilievo tecnico all’altezza.

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L’ennesima tragedia nel Mediterraneo e le nuove promesse

L’ennesima tragedia e l’ennesima speculazione politica sui morti in mare. Ci sono solo due novità: la prima che la premier Giorgia Meloni ha evocato a sé la delicata questione dei migranti; la seconda è altrettanto importante e riguarda il fatto che la Presidente Ursula von der Leyen ha promesso un maggior coordinamento nelle attività di soccorso e recupero e almeno 500 milioni di euro in due anni per nuovi insediamenti e corridoi umanitari. Dalle istituzioni comunitarie è arrivata anche la promessa di intensificare la cooperazione con i principali partner in Nord Africa. Non ci resta che sperare.