Notiziario Eu-ISFE n.2/2024

23 febbraio 2024

Senza dubbio le vicende internazionali e le ripetute minacce di Putin pongono l’Unione europea davanti a scelte urgenti.

La prima riguarda il Green Deal, cioè l’obiettivo di azzerare entro il 2050 le emissioni nette di gas a effetto serra. La seconda, che rimanda anche alle vicende presidenziali in vista delle elezioni USA, riguarda l’esigenza sempre più evidente di una qualche autonomia militare per garantire la sicurezza dell’Unione e ridurre la dipendenza dalle scelte politiche e strategiche degli Stati Uniti.

Sul primo punto la Commissione europea dovrà riflettere attentamente sui tempi e sui modi per ridurre, se possibile, il surriscaldamento del pianeta. Se non altro perché il resto del mondo, cioè più di sette miliardi di persone, non segue programmi così stringenti e urgenti. Con ogni probabilità il prossimo Parlamento europeo, quello che verrà dopo le elezioni di quest’anno, dovrà rivedere tempi e modalità del Green Deal.

Sul secondo tema, quello della sicurezza, l’Unione, che pure ha una popolazione che è quasi il doppio di quella americana, spende per la difesa un terzo di quanto spendono gli Stati Uniti. In più quello che spende o meglio che spendono i singoli Stati membri in difesa non rappresenta una massa critica necessaria a favorire il salto tecnologico nei sistemi di arma più moderni, dai droni alla cibernetica ecc. Si dice che per questo sia necessario avere non solo una volontà politica, ma anche un bilancio europeo comune. Più che altro bisognerà che il nuovo Parlamento sia dotato di una maggioranza con idee più chiare su questi temi cruciali e urgenti.

“Le transizioni che le nostre società stanno intraprendendo, – ha detto Mario Draghi – siano esse dettate dalla nostra scelta di proteggere il clima o dalle minacce di autocrati nostalgici o dalla nostra indifferenza alle conseguenze sociali della globalizzazione, sono profonde”.

Purtroppo è vero e per questo ci vogliono realismo, idee chiare e consenso.

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La Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, entro il 21 febbraio dovrebbe annunciare la sua disponibilità a candidarsi per un secondo mandato. La procedura è lunga e complicata, ma i risultati delle elezioni europee, almeno nelle previsioni, dovrebbero aiutarla.

Nel 2019, quando fu eletta per la prima volta, ottenne 383 voti a favore su 374 necessari per avere l’incarico. Allora ci furono 327 voti contrari e 22 astensioni. Votarono a favore della von der Leyen il PPE, i liberali di Renew Europe e parte dei S&D. Contrari furono i socialisti tedeschi, austriaci, olandesi, belgi e greci, la sinistra GUE, parte dei conservatori dell’ECR e di Identità e democrazia.

Se i conservatori guidati dalla Presidente Meloni la sosterranno, Ursula von der Leyen potrebbe farcela. Da mesi la Presidente lavora per allargare il consenso alla sua candidatura e ha richiamato la necessità di graduare la fase due del Green Deal, guardando all’industria e alle piccole e medie imprese europee. A gennaio ha lanciato il Dialogo per il futuro dell’Agricoltura europea, cioè prima del dilagare delle proteste degli agricoltori. In più si è posta il tema della sicurezza e della difesa, mantenendo il coordinamento con l’Europa.

Insomma si è mossa con grande realismo politico e autorevolezza. La partita, tuttavia, è ancora da giocare.

Il Presidente della Commissione verrà indicato dal Consiglio europeo tenuto conto dei risultati elettorali, ma sarà il Parlamento della Ue ad avere l’ultima parola. Dopo le elezioni.

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Terribile destino quello di scontrarsi con regimi o partiti che usano la violenza per eliminare gli avversari politici che hanno il coraggio di opporsi.

Giacomo Matteotti fu eletto segretario del PSU, il partito socialista dei “riformisti” di Turati e Treves, usciti dal PSI massimalista, ai primi di ottobre del 1922. Bisognava fermare la violenza fascista con il metodo democratico e con un governo autorevole per ristabilire l’agibilità della dialettica politica e riportare l’ordine pubblico nell’alveo della legalità. Era proprio quello che Mussolini e le sue bande armate temevano. Tanto che agirono subito con la marcia su Roma. Una volta al potere le bande fasciste affrontarono le elezioni del ’24 con l’uso della forza contro i partiti di opposizione.

Matteotti, che aveva già subito nel marzo del ’21 la violenza fascista, denunciò in Parlamento, nel maggio del 1924, le violenze delle “milizie armate” contro i partiti di opposizione. Il 10 giugno, mentre usciva di casa, a Roma, fu aggredito da un “commando fascista”, detto con un riferimento al regime bolscevico russo: “La Ceka”. Matteotti era sparito e solo dopo due mesi, il 16 agosto del 1924, il suo corpo, straziato e mutilato, fu ritrovato nella campagna romana alla Quartarella di Riano.

Aleksei Navalny, il più tenace oppositore di Putin, è morto in un carcere siberiano dal nome sinistro: IK- 3 di Kharp. Navalny era già stato avvelenato nel 2020 e si salvò per miracolo.

Oggi non ci sono ancora indicazioni sulle cause della morte, ma il corpo del dissidente non è ancora stato mostrato alla madre. Gli oppositori dei regimi autoritari vanno soppressi. Meglio se spariscono. Navalny diventerà un eroe e verrà ricordato come tale. Beati i paesi che non hanno bisogno di eroi, ma noi dobbiamo ricordarli perché la minaccia alla libertà di opporsi alla forza violenta delle dittature ci riguarda tutti. Ieri come oggi.