Notiziario EU – ISFE n.15

3 dicembre 2022

Ue: le frontiere esterne senza governo

Un mondo sempre più globalizzato può far pensare che non esistano più confini. Forse questo sarà vero per le merci e per i capitali, ma per il resto i confini esistono, come vediamo con la guerra scatenata da Putin in Ucraina.

L’Unione europea ha cercato di abolire le frontiere interne all’Unione con il trattato di Schengen, lo spazio di libera circolazione dei cittadini degli Stati aderenti. Purtroppo, nonostante ci siano stati vari tentativi, non si è riusciti a trovare un accordo su come governare le frontiere esterne. Fra l’altro frontiere sottoposte a ridefinizione progressiva via via che l’Unione si è allargata a nuovi Paesi.

Si fa presto a dire che la questione riguarda gli Stati nazionali che non vogliono rinunciare alla loro sovranità nazionale e quindi al controllo dei loro rispettivi territori. Di fatto gli accordi di Dublino sono “sospesi”, ma, dopo la crisi migratoria del 2015-2016, il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri decisero di rafforzare Frontex, cioè l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, dotandola di poteri aggiuntivi e risorse al punto che l’Agenzia potrebbe essere autorizzata ad assumersi il compito della difesa delle frontiere in caso di manifesta insufficienza di uno o più Stati membri.

Così come naufragò la missione Sofia per il controllo dei migranti nel Mediterraneo, allo stesso modo Frontex non può operare in chiave sostitutiva agli Stati membri.

Il Consiglio dei ministri, nei fatti, non riesce a prendere decisioni di questa portata. Il problema, quindi, è la sovranità europea che potrà essere riconosciuta da tutti, ma solo sulla base di un chiaro protocollo politico, che ne definisca i compiti e le possibilità di azione.

Ecco perché governare il fenomeno migratorio confondendo il diritto di asilo con i principi umanitari o con le esigenze di forza lavoro non è impresa facile. Tanto più se nel gioco politico nazionale ed europeo si abusa della demagogia in un senso o nell’altro.

Avremmo bisogno di regole chiare e politiche di intervento assai onerose e complicate per governare l’immigrazione nella frontiera esterna. Nello stesso tempo avremmo la necessità sempre più evidente di integrare gli immigrati “regolari” sulla base del diritto e della situazione economica, sociale e demografica dei singoli Paesi.

Non sarà un’impresa facile, ma di sicuro con l’abuso della demagogia, a destra come a sinistra, gonfiando o sottovalutando la questione migratoria, non si andrà che di male in peggio. Per questo i governi dei Paesi esposti e l’Italia chiedono un accordo europeo.

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L’Africa e noi

La crisi climatica, i costi energetici, l’inflazione, i riflessi della guerra in Ucraina sull’esportazione del grano e dei fertilizzanti stanno aggravando i problemi degli Stati africani.

I costi della crisi climatica e i riflessi della pandemia hanno avuto un impatto negativo sulla società e sull’economia dei vari Paesi. In vent’anni il debito complessivo dei Paesi africani è quintuplicato. Nel 2020 il debito dell’Africa ha superato i 700 miliardi di dollari. Molti governi fanno fatica persino a pagare gli interessi sul debito come il Mozambico o lo Zimbabwe, ma anche Malawi, Zambia e Comore.

I creditori non sono solo le grandi istituzioni come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale o il Fondo per i Paesi in via di sviluppo. Oltre ai Paesi occidentali fra i creditori figurano ormai anche la Cina, l’India e la Turchia.

Anzi, ormai, è proprio la Cina a detenere la maggiore percentuale del debito africano. Per evitare il fallimento dei Paesi più in crisi, Angola, Nigeria, Etiopia, Kenya e Zambia, la Cina ha concesso proroghe e addirittura nuovi prestiti.

Questa è una realtà che si farà sentire sulle priorità della comunità internazionale a partire dalla lotta al cambiamento climatico.

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Ultima ora: price cap europeo

La Ue, dopo tanti rinvii, è riuscita a trovare un accordo sul price cap. Sarà fissato a 275 euro per megawattora. Oltre questa soglia si bloccano le contrattazioni.

Per reazione la compagnia russa Gazprom torna a minacciare nuovi tagli alle forniture nel gasdotto che passa dall’Ucraina. Proprio in questi giorni in Germania si è aperto il riesame critico alle scelte della ex Cancelliera Angela Merkel, che aveva creato la dipendenza dal gas russo.

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Il gas americano: ci salva, ma costa salato

L’aumento delle forniture di gas proveniente dagli USA consentirà agli europei di fronteggiare il generale inverno. Tuttavia ci costerà salato. Tanto che il Presidente Macron, in partenza per Washington, lo ha definito “un prezzo non amichevole”.

Sotto sotto si sente mormorare che gli USA stanno facendo profitti con la guerra in Ucraina anche a spese dell’Europa. Il gas liquefatto venduto dalle grandi corporation americane viene venduto all’Europa ad un prezzo 4-5 volte più caro rispetto al mercato americano. Un altro capitolo dolente è quello della concorrenza e dei vantaggi competitivi che le industrie americane potrebbero avere rispetto alle industrie europee grazie agli aiuti del governo USA. Si parla di sussidi per 369 miliardi di dollari, da spalmare in dieci anni, a favore delle imprese americane attive nel settore delle rinnovabili. Concorrenza sleale che, purtroppo, avviene anche con gli aiuti del governo tedesco alle imprese tedesche con tanti saluti alla solidarietà fra gli Stati membri della Ue.

Il governo americano respinge le lamentele europee, dicendo che non dipende dal governo USA, ma dalle imprese private americane e dagli intermediari europei che manovrano i prezzi. Una nave cargo che partiva dagli USA carica di gas, che nel 2021 valeva 20 milioni di dollari, ora arriva a 100 milioni di dollari. Non male, ma questi profitti speculativi non sono fatali. Forse si potrebbe fare qualcosa per limitarli oppure per colpire i giganteschi profitti speculativi come, ad esempio, quelli della ditta anglo-olandese Shell: in dieci mesi, grazie al mercato del gas liquefatto, ha realizzato 10 miliardi di utile.

Qualcosa bisognerà fare se si vuole mantenere un rapporto di collaborazione fra USA e Ue in una fase di guerra calda in Ucraina e di guerra al freddo come stiamo vivendo in Europa.

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La Germania sovranista?

Il governo del Cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz (più verdi e liberali) sembrava molto europeista, ma negli ultimi tempi sembra fare scelte “sovraniste”. Il governo Scholz persegue una strada tutta sua per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina. Ad esempio sulle politiche energetiche la Germania ha ostacolato, non da sola, le soluzioni europee per favorire quelle nazionali. Poi ha investito 200 miliardi di euro per sussidiare le imprese tedesche con evidente concorrenza non leale con quei Paesi della Ue che non potevano mettere in campo risorse di questa importanza.

Poi con i rapporti con la Cina, Scholz è andato per conto suo. Così anche per la sicurezza europea, non solo la Germania è entrata in conflitto con la Francia, ma è riuscita ad aggregare ben 15 Paesi della Ue per l’acquisto congiunto di sistemi di difesa aerea e missilistica, basati su tecnologie americane e israeliane. Contrastando il programma franco-italiano per la difesa aerea e missilistica già disponibile nella Ue.

Altro che “Stato federale europeo”, altro che polemiche sui diritti umani o sull’immigrazione, la Germania di Scholz persegue l’alleanza con tutti i Paesi dell’Est per fare di Berlino il centro geopolitico del continente.

Una vera comunità politica europea, al di là dei modelli confederale o federale, deve aggregare tutti i Paesi del continente europeo che condividono i basilari principi di democrazia, ma anche costruire una comunità in grado di difendersi dalle sfide esterne con una “autonomia strategica” sulle grandi questioni che sconvolgono un mondo inevitabilmente multipolare e, purtroppo, anche conflittuale.

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Il Presidente Mattarella: emigrazione questione europea

Il Presidente Mattarella, intervenuto alla VIII edizione della Conferenza dei Dialoghi mediterranei, che si è tenuta a Roma, ha sostenuto che la questione dei migranti va gestita con saggezza ed è “cruciale per la Ue”. Quindi niente demagogia né a destra, né a manca. La questione è grave e destinata a durare “per demografia e povertà” in Africa.

“Bisogna avere – ha detto – una visione unitaria dell’intera regione euro-mediterranea-africana  come elemento fondamentale di soluzioni”. I flussi migratori senza regole impoveriscono i Paesi di origine “di energie utili allo sviluppo delle loro comunità”. Per questo occorrono piani di intervento per aiutare lo sviluppo economico e sociale nei Paesi africani. Grande saggezza.

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La Ue non dia pagelle sulla sostenibilità dei debiti dei singoli Stati

MES o non MES, quello che bisognerebbe evitare è innestare polemiche e anche speculazioni sulla sostenibilità del debito degli Stati membri dell’Unione. Per fronteggiare la pandemia si è sospeso il Patto di Stabilità e la BCE ha finanziato la spesa pubblica degli Stati, che così si sono ulteriormente indebitati. Si pensi invece a creare una “capacità fiscale europea” per fissare regole di sostegno ai Paesi indebitati e anche a favorire lo sviluppo. La crisi innestata dalla guerra suggerisce saggezza e condivisione. Le pagelle sono utili, ma solo se usate per interventi di medio-lungo periodo.