Notiziario EU – ISFE n.12

3 ottobre 2022

Ue: l’indecisione costa

Un anno fa il governo italiano propose un tetto al prezzo del gas in Europa. Oggi la Commissione ha detto no. In verità non tutti. Ben 15 Paesi membri hanno dato il loro assenso al tetto generalizzato al prezzo del gas. Mentre tutti o quasi vorrebbero metterlo solo sul gas della Russia, che, ormai, è ridotto ai minimi termini.

I 15 Paesi, fra cui l’Italia, che hanno accettato il tetto, non hanno, per ora, la maggioranza qualificata necessaria ad approvarlo. Insieme, senza la Germania, rappresentano il 64,35% della popolazione europea, rispetto al 65% richiesto.

Nel frattempo quasi tutti i Paesi hanno adottato individualmente misure di contenimento del prezzo del gas per cittadini e imprese. Lo stesso, da ultimo, ha fatto la Germania, utilizzando i resti del Fondo anticovid. Ha investito una cifra pari a 200 miliardi, circa il 15% del PIL, per fronteggiare il caro bollette e alleggerire il peso dei rincari per i consumatori e l’industria tedesca. Premiando anche i risparmiatori di energia.

L’ indecisione e i rimandi della Ue pesano e mettono in pericolo la solidarietà europea, che, di questi tempi e con la guerra in Ucraina, è un valore da sviluppare e non da deprimere.

Ecco i costi dell’indecisione: un anno fa i prezzi erano a 80 euro/MWh e si parlava di un tetto intorno ai 100 euro/MWh. Oggi i prezzi oscillano sui 180-200 euro/MWh. “Ognuno per sé e Dio per tutti” potrebbe essere una scelta diabolica.

Probabilmente per abbassare i prezzi del gas, bisognerà adottare politiche di attivazione di varie fonti energetiche dalle rinnovabili ai rigassificatori e alla geotermia. Questa, almeno, è la strada che tutti, ma proprio tutti, e noi per primi, dovremmo adottare.

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L’Europa che vogliamo

Non è certo quella dove ognuno fa per suo conto, ma dove tutti, per difendere le proprie ragioni, debbono ascoltare quelle degli altri, perché lo impongono le regole dell’Unione. Regole che tutti hanno approvato e a cui hanno aderito, trovando in ciò una convenienza economica, ma anche di valori e di civiltà. Basta guardare a ciò che accade nella Federazione Russa e a ciò che accade in Iran.

«Le sorti dell’Italia – ha scritto Antonio Polito (“Corriere della Sera”, 2 ottobre 2022) – sono infatti inscindibili da ciò che l’Unione riuscirà a fare, nel campo dell’economia come in quello dell’energia come in quello dell’ambiente […]. Se gli interessi ci dividono, i valori delle società aperte ci uniscono, creando una sfera pubblica paneuropea».

La partita, quando si gioca nel rispetto della libertà di confronto, è sempre aperta. La Germania si dovrà confrontare con ben 14 Paesi, fra cui l’Italia e la Francia. Persino la potente Germania non potrà fare da sola in un mondo troppo grande e troppo conflittuale per stare da soli.

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Von der Leyen: una Presidente dolce e coraggiosa

Dopo l’incontro dei ministri europei dell’Energia, la crisi dell’energia tornerà in ballo nel vertice dei capi di Stato e di governo previsto per la prossima settimana. Intanto da Sofia, dove era in visita la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sempre sobria ma puntuale, ha esortato i Ventisette a una risposta comune alla crisi energetica.

«Senza una risposta comune – ha detto con forza, rivolgendosi anche, se non principalmente, al suo Paese, la Germania – rischiamo seriamente la frammentazione […]. Dobbiamo fare di più per contenere l’impennata dei prezzi dell’energia che sta indebolendo la nostra economia. Dobbiamo farlo congiuntamente. Di questo discuteremo a Praga con i leader europei».

A Praga – ne daremo conto nel prossimo Notiziario – si parlerà anche della sicurezza delle infrastrutture. Un tema caldo, anzi pericolosamente esplosivo, dopo l’attacco terroristico ai due gasdotti Nord Stream. Si tenga presente che questi attacchi potrebbero avvenire anche alla Rete delle Reti con rischi di paralisi di tutte le comunicazioni.

Intanto, al di là dei mancati accordi sul tetto del prezzo del gas, l’Europa non sta ferma. Proprio la Presidente della Commissione ha inaugurato la nuova interconnessione di gas naturale tra Grecia e Bulgaria, che ancora dipende per il 90% del suo fabbisogno dalla Russia. Il gas proviene dall’Azerbaijan. Pochi giorni fa è entrato in funzione il gasdotto che dalla Norvegia, attraverso la Danimarca, porta gas alla Polonia, a cui la Russia ha tagliato le sue forniture.

Putin ha seminato venti sanguinosi, ma sta arrivando su di lui una tempesta da fargli perdere la testa. Per questo è pericoloso.