Notiziario Eu- ISFE n. 14/2025

4 novembre 2025

I Piani europei, se non si vuole, né si può ripetere gli errori del passato, si giudicano dai risultati e non dalla dogmatica delle ideologie. Il superamento o la rettifica del Green Deal o la lotta all’immigrazione illegale la vogliono i cittadini che hanno votato democraticamente per i governi che sono andati a comporre il Consiglio europeo e la Commissione.

Ben diciannove paesi membri della Ue hanno scritto alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, al Presidente del Consiglio europeo Costa, alla Presidente del Parlamento Metsola e alla Presidente di turno dell’Unione, Frederiksen, per chiedere provvedimenti per la semplificazione della legislazione Ue e anche un vertice straordinario sulla competitività. I diciannove paesi, cioè la stragrande maggioranza, sono Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Svezia.

Quel che temono, e che in verità è già avvenuto, sta nel fatto che l’eccesso di regole previste nei Piani e specialmente nel Green Deal, colpisce la competitività dell’industria e dell’agricoltura europea. Socialisti e verdi, i primi al carro dei secondi, si dovranno render conto che occorre affrontare tutti i problemi, dall’economia all’immigrazione, dalla digitalizzazione all’ecologia, con pragmatismo. Se non altro perché la realtà, spesso, non si piega all’ideologia e il resto del mondo non sta a guardare.

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L’Interrail fu inventato nel 1972, ma ora viene ripreso per celebrare i 40 anni degli accordi di Schengen che aprirono le frontiere interne europee ai cittadini degli Stati membri. L’iniziativa si chiama “DiscoverEU” e i giovani diciottenni europei potranno viaggiare in tutta Europa con un solo pass, senza acquistare biglietti a partire dal primo marzo 2026. Le domande di adesione potranno essere presentate dal 30 ottobre al 13 novembre di quest’anno. Potranno fare domande anche i cittadini non europei che vivono regolarmente nel continente e di paesi associati al programma Erasmus. Basterà esibire carte di identità o passaporti. All’Italia sono stati assegnati 4.888 posti; alla Francia 5.550 e alla Germania 6.837. Si tratta di un’esperienza positiva e benemerita.

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Chi conosce la lunga storia dell’Europa dalla Comunità del carbone e dell’acciaio all’Unione europea, come cerchiamo di spiegare con il nostro “Notiziario”, non può semplificare il problema che impedisce alla Ue di avere posizioni condivise su questioni cruciali.

Per i Trattati, in realtà già oggi, la Ue può adottare procedure decisioni diverse. Nelle politiche relative ai mercati o ai dazi, dai Trattati di Roma (1957) al Trattato di Maastricht del 1992, funziona il “trilogo” che non prevede l’unanimità. La Commissione propone (direttive e regolamenti), il Consiglio dell’Ue, che riunisce ministri degli Stati membri, vota a maggioranza qualificata e poi il Parlamento europeo vota a maggioranza semplice. La maggioranza qualificata consiste nel voto positivo di almeno il 55% dei membri del Consiglio. Questa è la procedura legislativa ordinaria, ma con il Trattato di Maastricht sono entrate nell’agenda europea materie come la sicurezza, la difesa, la politica estera, l’asilo politico, la fiscalità. Per queste materie il Consiglio dovrebbe decidere all’unanimità. Mario Draghi è intervenuto proprio su queste materie “strategiche” per suggerire il superamento del voto all’unanimità. Per farlo, però, bisognerebbe neutralizzare i poteri di veto, modificando i Trattati che prevedono l’unanimità. Ed è per queste modifiche che occorre avere l’unanimità come un gatto che si morde la coda.

La strada che suggerisce un collaudato europeista come Sergio Fabbrini (“Il Sole 24Ore”, 2 novembre 2025) prevede la creazione di organismi (come la Comunità europea di difesa), “che funzionino sulla base di controlli e bilanciamenti”. Strada non facile se non si convincono Destra e Sinistra, bianchi, rossi e verdi, che siamo tutti sulla stessa barca che si chiama Europa e che è interesse di tutti non esporla ai marosi di situazioni internazionali minacciose senza dotarla di mezzi per garantire la sua sicurezza.

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Le dinamiche internazionali in un mondo sempre più globalizzato penalizzano chi, come la Ue, non riesce a reagire con la necessaria tempestività. Siccome l’Europa occidentale, per molti decenni, dopo la seconda guerra mondiale, ha goduto delle condizioni di “pace” prodotte dalla guerra fredda e dalle garanzie di difesa della NATO a trazione statunitense, non ha pensato alla sua difesa e alla sua sicurezza.

In effetti si è creata una condizione di pacifica collaborazione e scambi internazionali a vantaggio dello sviluppo: il cosiddetto “trentennio glorioso”. Allora si crearono anche le condizioni per istituzioni internazionali come le Nazioni Unite o l’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO) o dei tribunali internazionali che avrebbero dovuto evitare i conflitti e le guerre. Si trattava di un equilibrio fragile, ma garantito da una “potenza egemone” come gli USA.

Il “multiculturalismo”, specialmente davanti al declino dell’Unione Sovietica, si è identificato con gli interessi americani e con l’idea della liberalizzazione dei mercati come fattore virtuoso per la integrazione positiva e la coesistenza pacifica. Un multilateralismo liberale utopistico che alla fine si è trasformato in un multipolarismo conflittuale di più potenze in competizione che generano instabilità.

La Cina, ormai potenza indiscussa e avvantaggiata dall’ingresso nel WTO, gioca con questa instabilità e l’Unione europea ne è la principale vittima. Gli USA restano una potenza dominante, ma il loro ruolo non è accettato. Anzi, è reso assai delicato anche dai due conflitti in corso: quello in Ucraina e quello in Medio Oriente. Conflitti che rendono sempre più delicati il ruolo e la sicurezza della Ue sul piano internazionale. Da qui l’incapacità di giocare un ruolo di rilievo proprio sul piano internazionale anche in aree essenziali per la sicurezza dell’Europa. I paesi dell’Unione europea, che hanno firmato la lettera di intenti di cui abbiamo trattato nel presente “Notiziario”, dovrebbero sapere e capire che su questioni di questo genere, cioè di sicurezza e ruolo internazionale, mantenere il diritto di veto è un controsenso.